Alla scoperta dei vini del supervulcano
Articolo a cura di Saula Giusto – pubblicato su Vino.tv il 03.2019
Domenica 17 Febbraio u.s ho partecipato ad un evento che ha riscosso un ottimo successo: Taste Alto Piemonte – Roma 2019, creato e fortemente voluto da Marco Cum di Riserva Grande (http://www.lacantinadimarco.com/) ed Andrea Petrini di Percorsi Divino (http://percorsidivino.blogspot.com/), alla sua seconda edizione. Nel corso della manifestazione, organizzata in collaborazione con il Consorzio Tutela Nebbioli dell’Alto Piemonte (https://www.consnebbiolialtop.it/), è stato possibile degustare oltre 150 vini, presentati da 25 aziende aderenti, e seguire due seminari guidati sui terroirs dell’Alto Piemonte e sulle capacità evolutive del Nebbiolo. Risulta automatico associare il Nebbiolo alle Langhe ed alle sue massime espressioni, Barolo e Barbaresco, spesso dimenticandosi di quei vini che vengono prodotti in quella fascia di terra che, dalle Valli Ossolane, si snoda accanto al fiume Ticino, fino alla Serra di Ivrea e che, per estensione, comprende ben 4 province (Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola). Sono vini eccellenti, che meritano maggior considerazione e notorietà. Nelle province di Novara e Vercelli il Nebbiolo prende il nome di Spanna (Spiona in dialetto novarese), probabilmente derivante latino Spinus, ovvero pruno selvatico, i cui piccoli frutti assomigliano all’uva e sono coperti dalla pruina. Nell’Alto Piemonte il Nebbiolo è il vitigno “prediletto”, quello che ha trovato il suo habitat più idoneo, ma non si deve dimenticare la presenza di Vespolina, Croatina, Bonarda Novarese (o Uva Rara), Barbera ed Erbaluce che, in assemblaggio con il Nebbiolo o meno, entrano nel corredo produttivo di questa eccellente zona. l’Alto Piemonte è un territorio di particolare elezione ed interesse vitivinicolo, soprattutto per la combinazione dei suoli originati, nella zona della Valsesia, dall’implosione di un Supervulcano. E’ composto da terroir profondamente diversi (in cui sono presenti, in prevalenza, Porfidi Rosa ghiaiosi in superficie, intrisi di minerali), che si estendono dal Monte Rosa alle pianure coltivate e che cambiano anche a distanza di pochi chilometri; come nei due comuni di Ghemme (Novara) e Gattinara (Vercelli): nel primo i terreni sono di formazione fluvio-glaciale, mentre nel secondo sono di origine vulcanica. Ne derivano emblematicamente due nettari molto diversi, quasi a dimostrare le differenze che i vini dell’Alto Piemonte esprimono, anche se prodotti a poca distanza e dal medesimo vitigno (Nebbiolo): il Ghemme è più sottile, gioca sull’eleganza e su caratteristiche che potremmo assimilare ai grandi rossi della Borgogna; mentre il Gattinara è un rosso austero, possente, più “muscolare”. Tutti i terreni dell’Alto Piemonte, così peculiari ed unici (grazie anche alla particolare situazione pedoclimatica), donano ai vini caratteristiche inconfondibili: organoletticamente i Nebbioli dell’Alto Piemonte sono ricchi di acido malico, possiedono una notevole spalla acida, una decisa sapidità, sono contrassegnati da un carattere più minerale e, seppure spesso meno voluminosi dei vini prodotti in Langa, sono altrettanto raffinati, preziosi e dotati di una grande ed integra longevità.
La storia antichissima dei vini di questo territorio ha subito alterne vicende: di queste zone già scriveva Plinio nel I sec. d.C, ricordandone le singolari caratteristiche e la grande qualità nella sua Naturalis Historia. L’attività vitivinicola si consolida in epoca medievale e si esalta (in particolare per il Gattinara) alla fine del ‘400, grazie all’opera di un personaggio illustre: Mercurino Arborio, che creò grande fama a tutti i vini della zona. Membro di una nobile famiglia, si avviò verso la carriera diplomatica, ricoprendo incarichi sempre più importanti: prima alla corte dei Savoia, poi presso gli Asburgo, poi divenne presidente del Parlamento di Borgogna e ricoprì l’incarico di ambasciatore dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo presso la corte di Francia. Arborio, appassionato, esperto di viticoltura e proprietario di estesi vigneti, fece conoscere e apprezzare il vino di Gattinara ed i vini dell’Alto Piemonte nelle principali corti europee e tale fama venne mantenuta nei secoli seguenti, fino all’epoca contemporanea. La storia più recente è, però, stata meno favorevole a tali prodotti: tra gli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta, a causa anche della moda imperante dei vitigni internazionali e dei vini, in generale, concentrati, morbidi e molto alcolici, questa zona ha conosciuto un periodo di relativo oblio. Negli ultimi anni sono tornati in auge, grazie soprattutto ad un gruppo di tenaci produttori, che hanno riguadagnato il rispetto di critica e consumatori, e grazie anche al cambiamento nei gusti del grande pubblico, che (grazie al cielo!!!) ha virato verso vini più sottili, fini, caratterizzati da acidità, mineralità e povertà di estrazione.
Dieci sono le denominazioni che fanno parte dell’Alto Piemonte, a Nord troviamo Valli Ossolane in provincia di Verbania; più a Sud, nella provincia di Novara, abbiamo: Ghemme, Sizzano, Fara, Boca e Colline Novaresi; nella provincia di Vercelli, ad Ovest del fiume Sesia, abbiamo Gattinara, Bramaterra, Lessona e Coste della Sesia.
A Taste Alto Piemonte, grazie alla capacità organizzativa di Riserva Grande ed alla fattiva collaborazione del ConsorzioTutela Nebbioli dell’Alto Piemonte, è stato possibile approfondire meglio la conoscenza di queste denominazioni; per i partecipanti che di tale conoscenza non ne avessero in precedenza alcuna, di ottenere un’ottimo iniziale percorso gustativo e di racconto del territorio da parte delle aziende presenti.
Ecco la cronaca della mia personale esperienza e di parte delle aziende che ho incontrato in questo evento.
AZIENDA CA’ NOVA – http://www.cascinacanova.it/
Mi ha accolto al banco d’assaggio la titolare dell’azienda Giada Codecasa, una donna molto in gamba che, con rara semplicità e grande trasporto, mi ha davvero conquistata nel raccontarmi la propria cantina. Cà Nova si trova a Borgogno (NO), nel cuore della produzione del Ghemme, su quella parte delle colline novaresi che si formarono, grazie al deposito di materiali morenici derivati dallo scioglimento dei ghiacciai, su quel substrato di materiale emerso, dalla profondità della terra, in seguito all’eruzione del Supervulcano della Valsesia, avvenuta circa 300.000.000 di anni fa. Su questo prezioso terreno Vittorio Codecasa e sua figlia Giada nel 1996 piantarono la loro vigna. In seguito restaurarono la suggestiva cascina del 700 antistante la vigna, realizzando, tra l’altro, anche la cantina di vinificazione.
Nel 2000 la figlia Giada, allora avvocato penalista in Milano, decise di dedicarsi a tempo pieno alla produzione del vino e di trasferirsi a Bogogno dove, affiancando l’opera del padre, iniziò a seguire attivamente l’impianto di nuovi vigneti. Nel 2003 i Codecasa aprirono anche il Relais Cà Nova: una guesthouse costituita da 8 miniappartamenti; nel 2011 venne inoltre inaugurata una serra fotovoltaica di circa 4000 mq, al fine di produrre, in maniera ecosostenibile e con energia pulita, anche ortaggi senza uso di additivi chimici (così come nei vigneti, in cui non si effettua alcun diserbo chimico e si limitano i trattamenti per la difesa della vite, rispettando il naturale ecosistema del vigneto). A Cà Nova, nel giro di pochi anni, sono stati piantati circa dieci ettari di vigneti di proprietà, situati ai piedi dello spettacolare massiccio del Monte Rosa, nel cuore dell’Alto Piemonte, tra i paesi di Bogogno e Romagnano Sesia. La filosofia e stile produttivo dell’azienda: garanzia di alta qualità dell’uva, rispetto delle vigne, grande cura ed attenzione durante la vinificazione. Gli ettari vitati, di proprietà, sono circa 10, per una produzione di circa 45.000 bottiglie totali, suddivise in 9 vini; i vitigni coltivati sono gli autoctoni classici presenti in zona: Nebbiolo, Vespolina ed Erbaluce. Parlando con Giada, mi ha molto colpita la sua determinazione nel voler perseguire un obiettivo di grande qualità che, oltre che ammirevole, è anche privo di compromessi, soprattutto secondo un’ottica di convenienza economica. Seguendo gli insegnamenti del papà Vittorio che, purtroppo, è venuto a mancare l’anno scorso, Giada ha infatti sottolineato la propria scelta, inamovibile, di immettere sul mercato alcuni dei propri vini solo dopo un idoneo, lunghissimo affinamento, che va ben oltre i termini minimi stabiliti dai disciplinari. Ovviamente parliamo dei due Ghemme prodotti e del Colline Novaresi Vigna San Quirico. In particolare, Giada decide di volta in volta, annata per annata, esattamente per quanto prolungare l’affinamento dei suoi grandi rossi, sia in botte che in bottiglia, proprio come si faceva in passato e proprio come si dovrebbe sempre fare; specie se il vino viene prodotto con un vitigno, il Nebbiolo, che anela un prolungato affinamento per esprimersi nel modo migliore! Tutti ottimi i vini degustati ma, in particolare, mi hanno colpita il Colline Novaresi Doc Vigna San Quirico 2010 ed il Ghemme Riserva 2009. Il primo: matura 18 mesi in tonneaux di rovere francese di primo, secondo e terzo passaggio, dove effettua la fermentazione malolattica; affina poi in bottiglia per almeno 24 mesi, sempre che non si decida di protrarre entrambi gli affinamenti per quanto è necessario! Intenso, di ottima complessità, regala classici sentori fruttati di amarene mature, un lieve soffio di rosa e viola, liquerizia, spezie dolci (vaniglia) e più scure, come il chiodo di garofano, con note di tostatura; ma colpisce maggiormente per quelle note ferrose, ematiche, tanto rappresentative del territorio, che in questo vino sono espresse in modo molto elegante e pulito. Molto coerente al palato, sottile, sempre tutto giocato sull’eleganza, in cui la notevole spalla acida ed il tannino fine sono ben bilanciati dalle componenti morbide ed il tutto viene condito da un’ottima fusione di frutto, spezie e mineralità ferrosa. Chiude con un finale molto pulito, lungo, speziato. Ghemme Riserva 2009: la fermentazione malolattica viene svolta in legno; l’affinamento dura per minimo 18 mesi in botti da 50 hl di rovere francese, poi in bottiglia per almeno 24 mesi; anche in questo caso, sempre che non si decida di protrarre entrambi gli affinamenti per quanto è necessario! In questo caso abbiamo un vino più austero e potente, evoluto: sempre intenso e complesso, presenta note fruttate più scure e mature, di marasca e visciola, radice di liquerizia, seguite dalla viola quasi appassita, dalla speziatura priva di connotazioni dolci (con prevalenza di tabacco e sigaro), dal sottobosco, dalla mineralità ferrosa e da note balsamiche. E’ sostanzioso: l’ottimo corpo è costituito da grande freschezza e mineralità, da ottima sapidità e da un tannino ben presente e fine, perfettamente fuso con le componenti gliceriche e con quella alcoliche. Ben rispondente alla retronasale, chiude persistente, pulito, con quella bella mineralità ematica così caratteristica. Ancora entrambi i vini sono giovanissimi, longevi, ottimi. Un’ultima bellissima notizia: Giada ha deciso di produrre, per l’annata 2012, una nuova etichetta in onore di suo padre: Victor, ancora fermo in affinamento in cantina e che verrà presentato al prossimo Vinitaly…Io non vedo l’ora di assaggiarlo!!
VIGNETI VALLE RONCATI – https://www.vignetivalleroncati.it/
Mi ha raccontato la sua cantina la titolare Cecilia Bianchi, assieme a suo figlio, Francesco Grosso. Vigneti Valle Roncati è nata dal desiderio del marito, Giuseppe Fassa, di seguire le orme del nonno, viticoltore a Briona fin dai primi del ‘900. Giuseppe ha dunque fondato l’azienda nel 1997 insieme a sua moglie per una scelta ragionata, ma anche dettata dalla passione e dal cuore. Questa cantina rispecchia a pieno una precisa identità territoriale: siamo a Briona, nella provincia novarese, a due passi da Fara, Ghemme e Gattinara dove la viticoltura è ormai tra le attività più tipiche e di tradizione secolare e dove si raggiungono produzioni di altissimo pregio, apprezzate in tutto il mondo. Anche qui il vitigno principe è il Nebbiolo, denominato Spanna, e viene solitamente assemblato con piccole quantità di altre uve autoctone, come la Vespolina o l’Uva Rara, che arricchiscono la struttura e il corpo del Nebbiolo con note fresce e speziate.
Valle Roncati si è impegnata sin dall’inizio a sviluppare tecniche di gestione dei vigneti moderne e rispettose dell’ambiente, ecocompatibili, tramite prodotti di origine naturale sostenibile. Si trova alle pendici del Monte Rosa e le sue uve provengono totalmente da vigneti di proprietà (per 15 ettari) situati, nei comuni di Briona, Ghemme e Sizzano, ad un’altitudine di 260 metri, su suoli di origine morenica che si sono formati su materiale di recente erosione, ricchissimi in minerali, argilla, calcare e ciottoli. La vendemmia viene svolta a mano, con una rigorosa selezione dei grappoli, per mantenere la massima fragranza di frutto durante le vinificazioni ed ottenere vini di qualità, in grado di trasmettere ai consumatori la grandezza, poco conosciuta, di questo territorio. A Valle Roncati hanno grandi progetti e sogni: fare conoscere i vini dell’Alto Piemonte e delle Colline Novaresi e la creazione un’unica grande DOC e DOCG dell’Alto Piemonte.
In azienda vengono coltivati Nebbiolo, Barbera, Erbaluce, Vespolina e Uva Rara, con cui vengono prodotte 10 tipologie di vini (compreso il “Pepin”, un vino passito da uve Nebbiolo), per un totale di tot. 50.000 bottiglie annue circa. L’azienda ha inoltre un nuovo progetto: due nuovi vini spumante, metodo Charmat; il Colline Novaresi Bianco “Particella 40″ (prodotto con uve Erbaluce) ed un Rosè “Poderi di Sopra” (prodotto con uve Nebbiolo). Tutti i vini degustati rispondevano davvero ad uno standard qualitativo altissimo e, il particolare, ho molto apprezzato la Vespolina 2017, il Colline Novaresi Sizzano Riserva San Barolomeo 2013 ed il Colline Novaresi Fara Riserva Ciada 2012; ma vorrei parlare dei due vini che mi sono rimasti più impressi: Il Colline Novaresi Riserva Vigna di Sopra 2012 ed il Ghemme Leblanque 2012. Entrambi i vini subiscono un affinamento in botti di di rovere francese di Allier, in parte in botti grandi ed in parte in botti piccole di secondo e terzo passaggio, con assemblaggio successivo. Il Vigna di Sopra 2012 viene prodotto con Nebbiolo 70%, Vespolina 20%, Uva Rara 10%. Vinificazione: tradizionale, con utilizzo di lieviti selezionati. Il vino completa la fermentazione in acciaio inox a temperatura controllata, poi in botte, come già descritto, per oltre 30 mesi ed in fine in bottiglia. Un vino che mi ha colpita per l’ottimo equilibrio tra eleganza e potenza, che ricorda la Borgogna. Naso fine, intenso ed avvolgente, in cui le note di frutti rossi e di viola lasciano il passo alla liquerizia, al balsamico, all’incenso ed a spezie mediorientali. Al palato ha grande finezza: coerente alla retronasale, dall’ottima spalla acida, dalla grande mineralità e sapidità in perfetto bilanciamento con tannini rotondi ed con un’ottima struttura, che lo rendono vellutato e di grande persistenza finale. Vino longevo.
Il Ghemme Leblanque 2012 è un vino complesso, più potente e “pieno”; prodotto con uve in purezza di Nebbiolo, dopo la diraspatura dei grappoli, gli acini vengono pressati con delicatezza ed il mosto fermenta in contenitori d’acciaio a una temperatura controllata; affina poi per 38 mesi in botti di diversa capacità, a cui segue un buon affinamento in bottiglia. Dal bel rosso granato trasparente e luminoso, al naso ha un incipit fruttato di bacche di bosco e ciliegia scura, subito seguito da tonalità terziarie: tostate di caffè, vaniglia, hummus e spezie scure, come noce moscata e chiodo di garofano. All’assaggio è di gran corpo, caldo ed appagante, dal tannino vellutato e dall’ottima spalla acida, dalla coerente retronasale e dal lungo finale pulito. Ancora giovane e dalla garantita capacità di invecchiamento.
IOPPA – https://www.viniioppa.itAd accogliermi al banco d’assaggio c’era il giovane e gentile Marco Ioppa, uno degli ultimi eredi di questa bella ed antica realtà delle colline novaresi, giunta alla sua settima generazione! Questa azienda, sita nel comune di Romagnano Sesia è la più antica casa vitivinicola, a conduzione familiare, del territorio collinare sito tra i comuni di Romagnano Sesia e di Ghemme (nella Bassa Valsesia, Piemonte Nord Orientale). Ci troviamo nel cuore della zona di produzione del vino Ghemme DOCG e l’azienda crea i suoi vini con grande passione, energia ed impegno, ottenendo grandi risultati qualitativi. Alcuni documenti del 1852 fanno risalire la creazione di Ioppa al trisavolo Michelangelo Ioppa, che acquistò alcuni appezzamenti collinari nelle migliori zone di Romagnano Sesia, ancora oggi coltivati.
La famiglia porta avanti, con grande tenacia e costanza, il duro lavoro dei propri predecessori: Giovanni Battista e Pietro Ioppa, 2° e 3° generazione, iniziarono a costruire una nuova cantina nel centro di Romagnano Sesia, che venne innaugurata nel 1920 da Giacomo Ioppa, 4° generazione. Pietro Ioppa, 5° generazione, ha dato un ulteriore impulso all’azienda: riuscendo a far inserire Romagnano Sesia nella nuova zona Ghemme ed essendo, nel 1968, uno dei promotori per il definitivo riconoscimento DOC al vino Ghemme, oltre ad ampliare la cantina nel 1974. Arrivando ai tempi odierni, Gianpiero e Giorgio sono la 6° generazione di Ioppa e perpetuano mirabilmente l’impegno dei loro avi: hanno contribuito ad ottenere la denominazione DOCG per il Ghemme (1996), triplicato gli ettari vitati della proprietà e costruito una nuova cantina nel 2003 in Frazione Mauletta, nella zona periferica di Romagnano Sesia; una nuova cantina molto più spaziosa ed innovativa (dotata di macchinari di nuova generazione creati dalle più moderne tecnologie), in cui si realizza anche la vendita diretta. Oggi sono presenti in azienda anche Andrea, Marco e Luca, orgogliosi di essere la 7° generazione di Ioppa.
L’azienda, che possiede 27 ettari, ha già all’attivo una buona produzione, che si attesta sulle circa 240.000 bottiglie annue, ed ha ottimi progetti di espansione nell’immediato futuro, che si realizzeranno con l’acquisto di nuovi vigneti. I vitigni coltivati sono quelli classici, autoctoni della zona: per i rossi in prevalenza Nebbiolo e Vespolina, a cui si aggiunge una piccola produzione di Bonarda e Barbera; i vitigni a bacca bianca sono principalmente l’Erbaluce ed una piccola quantità di Timorasso e Traminer (curiosa scelta). I vini prodotti: un vino bianco, tre tipologie di Ghemme, due Nebbiolo (uno vinificato in rosso ed uno nella versione Rosato), due tipi di Vespolina ed un Passito Rosso di Vespolina degno di nota (lo Stransì, unico produttore che lo realizza con questo uvaggio) – https://www.viniioppa.it/it/i-nostri-vini/rusin.html. Parlando dei vini prodotti, Marco Ioppa mi ha sottolineato che l’alto livello qualitativo dei loro Ghemme si ottiene in prevalenza in vigna: un’attenta potatura, un diradamento selettivo delle uve (con conseguenti minori rese e maggiore qualità), grazie anche al microclima ventilato, garantiscono grande longevità e qualità .
Tra tutti gli ottimi vini degustati ho molto gradito il Colline Novaresi Doc Rusin 2017, il rosato prodotto con uve Nebbiolo, un vino molto profumato, equilibrato e piacevole. Ma il vino che mi ha più colpita è il pluripremiato Ghemme Docg Bricco Balsina 2013, ottenuto da un vigneto con esposizione a sud-ovest (sito nella vocatissima zona denominata, appunto, “Balsina”), posto su un terreno alluvionale ricco di sali minerali, che consente alle radici di scavare in profondità. Uve: Nebbiolo (85%) Vespolina (15%); vinificazione: in rosso, in vinificatori di acciaio per 20-25 giornii, a temperatura controllata; maturazione: 48 mesi in botti grandi da 25-30 Hl di Rovere di Slavonia e 2 anni (minino) di affinamento in bottiglia. Un Ghemme veramente notevole, elegante e potente al tempo stesso. Al naso è intenso, complesso, fine, tipico: presenta una bella fusione di viola e di rosa leggermente appassite, di amarena scura, hummus, balsamico, tabacco scuro; il tutto viene condito da note minerali, di grafite e ferro, così ben per percepibili. La vena minerale è assolutamente presente anche al coerente palato, così come la grande freschezza ed il tannino imponente, ma serico; tutte le percezioni risultano ben bilanciate da un gran corpo, morbidezza e sensazione pseudocalorica. Finale sapido, pulito, balsamico, molto lungo. Un vino già ottimo e che darà davvero grandi soddisfazioni in futuro.
CASTALDI FRANCESCA – http://www.cantinacastaldi.it/
Ho avuto il grande piacere di incontrare di persona proprio Francesca Castaldi, un’elegante signora molto cortese che, assieme a suo figlio Marco, mi ha raccontato la propria azienda. La Francesca Castaldi è situata ai piedi del bellissimo Castello di Briona, che domina l’omonimo comune, in provincia di Novara. Siamo in quella parte delle Colline Novaresi in cui il Nebbiolo (qui chiamato “Spanna”) predomina nelle produzioni vitivinicole da ere immemori, assieme a Vespolina, Uva rara, Barbera, Croatina ed Erbaluce. I Castaldi hanno antichissime origini e le loro sorti sono legate alla viticoltura sin dal ‘700, periodo in cui la famiglia si insedia in queste colline ed inizia a coltivare la vite. Dopo parecchie generazioni, dagli anni ‘30 la gestione dell’azienda passa nelle mani di Pierino Castaldi, un uomo tenace e lungimirante, grande appassionato di viticoltura e grande sperimentatore, Pierino ha sempre creduto nel territorio e nella produzione di qualità (partecipò, infatti, attivamente alla nascita della DOC Fara nel 1969).
Nel 1997 sua figlia Francesca inizia ad occuparsi dell’azienda, iniziando una grande opera di rinnovamento: abbandona gradualmente, in vigna, il sistema di allevamento a “tendone o pergola” sostituendolo con il sistema a Guyot, per garantire viti più longeve e migliore qualità delle uve; procede al reimpianto di alcune parcelle, con sesti d’impianto più idonei a migliorare la qualità del prodotto e per ottimizzare e rendere più efficiente la gestione del vigneto. In realtà, in quegli anni Francesca procede alle vinificazioni utilizzando, in parte, la cantina del fratello Giuseppe, non avendone ancora una propria abbastanza grande. La volontà di poter lavorare la totalità della produzione, utilizzando attrezzature più moderne, la spinge nel 2011 a ristrutturare il vecchio portico ed a creare la nuova cantina, permettendole finalmente di procedere alle vinificazioni ed all’affinamento dei vini in azienda. Una rimarchevole ulteriore caratteristica dell’azienda è quella di avere aderito, fin dalla fine degli anni ottanta, al regolamento 2078 (ora Piano di Sviluppo Rurale), col fine di contrastare malattie e parassiti in vigna con il minore impatto ambientale possibile. Vengono, a tal scopo, utilizzati mezzi biologici di controllo delle malattie e tecniche di lavorazione del terreno, che ostacolino in modo naturale lo sviluppo delle erbe infestanti; l’uso dei diserbi chimici è stato totalmente abolito. A conferma di questa filisofia produttiva, l’azienda sta ultimando la conversione in toto al biologico ed è in fase di conseguimento della certificazione. Nella vigna la gestione è manuale (al fine di ottenere sempre la massima qualità ed integrità delle uve in cantina) e le fermentazioni sono condotte per valorizzare, al massimo, il patrimonio aromatico dei vitigni e per creare vini che traducono il loro territorio. Dal 2016 anche il figlio di Francesca, Marco, inizia a lavorare con lei, perpetuando la tradizione vitivinicola della famiglia Castaldi.
L’azienda possiede 6,5 ettari di proprietà, per una produzione di circa 20.000 bottiglie annue. I vitigni coltivati sono in prevalenza Nebbiolo e Vespolina, poi Uva Rara, Erbaluce, e Barbera. Le tipologie di vino prodotto sono 7, un Fara ed altri 6 monovitigno: Nebbiolo, Vespolina, Uva Rara, Barbera, un Bianco (100% Erbaluce) ed un Rosato (100% Nebbiolo).
Ho degustato due annate diverse dell’ottimo Fara, davvero due vini molto notevoli!
Fara DOC 2013 e Fara DOC 2014. Uve Nebbiolo 70% e 30% Vespolina; i vigneti godono di ottima esposizione, della ventilazione fresca proveniente dal Monte Rosa e di ottima escursione termica; i terreni sono franco limosi argillosi, con ph tra i 5 e 5,5. Dopo due settimane di fermentazione, viene affinato per almeno 22 mesi, di cui almeno 12 in botte (tonneaux).
Il 2013 è più pronto e potente: al naso apre ad un bouquet ricco, composto da note di frutti rossi e vegetali a cui si aggiungono la viola, la rosa, la mandorla ed a cui seguono i sentori speziati tipici della Vespolina, il cuoio e le note minerali, ferrose ed ematiche. Al palato ha un buon corpo, è caldo, fresco, con tannini ben presenti e vellutati e dal finale persistente, sapido, minerale. Il corredo aromatico è molto simile ma il 2014 è tutto più giocato sulla finezza: impatto alla nasale più fresco, più spinto sulle note floreali e dalla maggiore presenza di note minerali scure. In bocca dimostra maggiormente le differenze con il 2013: pur presentando le stesse note aromatiche gustative, ha un impatto molto più fresco e succoso e, sebbene si percepisca una minore concentrazione, colpisce per una finezza e mineralità prevalenti, che restano a lungo nella memoria, oltre che nel palato.
Ecco a voi tutte le altre ottime aziende che ho incontrato, davvero tutte degne di nota:
Cantine Crola – http://www.cantinecrola.it/
PIETRAFORATA – https://m.facebook.com/profile.php?id=669150176497941&ref=content_filter
CANTINA COMERO – http://www.cantinacomero.it/
CASCINA MONTALBANO – https://www.montalbanoboca.com/
AZIENDA ANTONIOLO – http://www.monterosavalsesia.com/valsesia_cantine/it/it-azienda-vitivinicola-antoniolo.html
CANTINA DEL SIGNORE – http://www.cantinadelsignore.com/
MAZZONI VINI – https://www.vinimazzoni.it/
ANTONIO VALLANA E FIGLIO – https://www.vallanawines.com/
STEFANO VAMPARI – http://www.stefanovampari.it/#/web