Di Matteo Gerardi
Assaggiare i vini georgiani significa addentrarsi nelle radici più profonde della storia di questa bevanda.
All’origine del vino
Ad oggi sappiamo infatti che il vino nacque proprio in Georgia: alcuni rinvenimenti archeologici hanno datato alcuni resti di anfore di terracotta atte alla vinificazione a 8.000 anni fa e cristalli di acido tartarico a 5.000 mila anni fa. Allo stato attuale delle conoscenze, non sono state trovate tracce di vinificazione così antiche in nessun altro paese.
In questa regione il vino mantiene ancora il suo ruolo aggregante e rituale: nei periodi di vendemmia le famiglie si aiutano a vicenda e vengono recitate preghiere di buon auspicio durante la vinificazione. Attualmente la regione vanta un patrimonio di 520 vitigni autoctoni.
La Masterclass a Rome Wine Expo 2022
Ho avuto modo di partecipare ad una masterclass dedicata ai vini georgiani durante l’ultima edizione di Roma Wine Expo, alla quale erano presenti l’ambasciatore della Georgia Sig. Constantine Surguladze, il primo consigliere Sig. David Gomarteli, il responsabile delle pubbliche relazioni e del marketing department della National Wine agency of Georgia, il Sig. Mate Liluashvili e la responsabile dell’import in Italia Tamar Tchitchiboshvili.
In questa occasione sono state stappate otto bottiglie (4 vini bianchi e 4 rossi) accompagnate dalla spiegazione dei produttori, che si è rivelata fondamentale per capire al meglio questo prodotto cosi particolare.
Se si parla di Georgia non si può non menzionare l’anfora (Qvevri) che è diventata il simbolo enoico di questa nazione. Il suo ruolo durante la vinificazione è fondamentale, infatti i grappoli (spesso non pressati e provvisti di raspo) vengono inseriti nelle anfore interrate e chiusi ermeticamente al loro interno per un periodo che varia dai due ai sei mesi. Quando il vino è pronto non viene praticata nessuna filtrazione o chiarifica, si illimpidisce solo per caduta spostando il prezioso liquido in un’altra anfora. Il risultato di questa pratica è un prodotto unico, mutevole, artigianale e caratteristico.
La degustazione
Le tre etichette che più ho apprezzato:
Rkatsiteli di 8millenniumm:
- un bianco che si presenta con un colore giallo aranciato. All’olfatto colpisce per le sue note salmastre, a cui seguono profumi di resina, note di agrumi e the verde. Al palato è tannico, molto sapido e dotato di una lunghissima persistenza.
Rkatsiteli & Khikhvi, blend di Batsashvili Wine:
- vino bianco (orange a dire il vero) caratterizzato da un colore giallo aranciato. I profumi ricordano quelli di un passito: vi troviamo note di dattero, miele, noci, caramello, scorza d’arancia e albicocca secca. Al palato sorprende perché non ha il minimo segno di dolcezza, anzi si rivela molto tannico, abbastanza sapido e di lunga persistenza.
Aleksandrouli di Libe Wine:
- vino rosso dal colore impenetrabile. All’olfatto si presenta con note di piccoli frutti rossi, sentori di viola e terziari che ricordano il cuoio. Al palato è caldo, leggermente tannico, poco sapido. In fin di bocca emerge una nota d’incenso molto gradevole. Senza alcun dubbio questo è il vino più vicino ai gusti occidentali.
Considerazioni finali
L’aspetto curioso è che, contrariamente ai vini occidentali, i bianchi sono dotati di tannini quasi taglienti abbinati nella cultura locale a piatti di carne, mentre i rossi sono generalmente poco tannici e vengono abbinati a piatti di pesce. Spesso tutti i vini si mantengono su una gradazione alcolica medio-bassa.
La Masterclass, durata più di due ore, più che una degustazione è stata un modo per immergersi a pieno nella cultura georgiana e un mezzo per scoprire sapori totalmente diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati. L’esperienza fatta aiuta a conoscere una minima parte del vasto mondo del vino che non si finirà mai di scoprire del tutto.