Il viaggio sensoriale di Luca
Questo importante appuntamento annuale dedicato al vino, fra i più seguiti nella capitale, giunto alla sua XX edizione, si è appena svolto, dal 14 al 17 Febbraio u.s., presso il Salone delle Fontane all’EUR. Come nelle edizioni passate, ha destato tanto interesse di pubblico ed ha ottenuto un numero importante di visitatori. L’evento è stato inaugurato da una bella serata, in cui sono stati consegnati i premi alle aziende ed ai vini menzionati nella guida I Migliori Vini Italiani 2019, a cui è seguita l’apertura ufficiale dei banchi di assaggio di alcune tra le maggiori eccellenze delle produzioni vitivinicole italiane.
Questa kermesse è stata caratterizzata anche da un tributo a Leonardo Da Vinci, vista la ricorrenza dei cinquecento anni dalla morte: come ricordato da Maroni, Leonardo era figlio di produttori di vino, nettare che adorava, degustava, studiava e produceva. Luca Maroni ha dedicato a questo genio assoluto l’annuario 2019 ed ha introdotto un’anticipazione del documentario “Leonardo da Vinci e il vino”, che sarà ufficialmente presentato in occasione delle celebrazioni ufficiali dell’anniversario.
Oltre all’offerta di assaggi illimitati di oltre 500 etichette e di molteplici degustazioni guidate dal Dott. Maroni, il visitatore ha avuto l’opportunità di assaggiare ottimi prodotti gastronomici, di ascoltare musica dal vivo, di assistere a performance artistiche e di partecipare a parecchi laboratori enogastronomici, come “Pane al pane e vino al vino”, presentato e guidato da Francesca romana Maroni.
Oltre all’offerta di assaggi illimitati di oltre 500 etichette e di molteplici degustazioni guidate dal Dott. Maroni, il visitatore ha avuto l’opportunità di assaggiare ottimi prodotti gastronomici, di ascoltare musica dal vivo, di assistere a performance artistiche e di partecipare a parecchi laboratori enogastronomici, come “Pane al pane e vino al vino”, presentato e guidato da Francesca romana Maroni. Ho intervistato la Dott.ssa Francesca Romana Maroni, sorella di Luca, Amministratore Delegato di Sens srl e principale mente organizzatrice dell’evento, per capire meglio l’idea e la finalità di questo progetto, oltre alla valorizzazione delle eccellenze del vino italiano.
La Sig.ra Maroni mi ha spiegato che quest’anno si è voluto realizzare un vero e proprio inno ai sensi, un ritorno alla semplicità, ai sentori della terra, ai profumi della vigna, alla meraviglia di due semplici e fondamentali alimenti come il pane e il vino, con un ritorno alle nostre radici più semplici ed antiche. Si è voluto anche favorire il recupero del consumo quotidiano del vino, come nelle nostre più antiche tradizioni, visto anche come alimento vero e proprio oltre che a prodotto di grande qualità. Tale intento della manifestazione mi è stato confermato anche dallo stesso Luca Maroni, in una successiva intervista. Nel corso di tale incontro il Dott. Maroni ha anche sottolineato l’importanza delle nuove realtà vitivinicole italiane, dell’interessante presenza di giovani nuovi produttori che, in bilico tra un ritorno all’antico, alla viticoltura più tradizionale, ed a un giusto utilizzo delle nuove tecnologie, hanno realizzato con entusiasmo nuove aziende, creando nuova linfa vitale nel mondo del vino italiano. Altra nota distintiva di tutte le aziende presenti, è stata la capacità di mantenere prezzi a scaffale competitivi, se non addirittuta economici, non trascurando in alcun modo la qualità dei prodotti; una capacità degna di merito, vista soprattutto protratta crisi del consumo nazionale di vino. L’intervista è proseguita con un interessante accenno alla nuova presenza, nella viticoltura italiana, dei vitigni resistenti, una novità, ancora in parte sperimentale (si tratta di vitigni non ancora autorizzati e raccomandati dai nostri disciplinari), che avrà sicuramente sviluppi interessanti non solo in Italia e che consentirà di produrre vino di qualità sempre più ecosostenibile.
Ho proseguito il mio “viaggio” in questa bella manifestazione incontrando aziende di grande qualità e degustando ottimi prodotti:
Domus Hortae – https://www.domushortae.com/.
Ho avuto la bella opportunità di incontrare la proprietaria di questa bella realtà pugliese sita ad Orta Nova (FG), Rosanna Melchionda e suo marito, l’agronomo Giuseppe Fioretti che, con tangibile e coinvolgente passione mi hanno descritto la filosofia, lo stile della loro produzione, e la bellissima storia dei loro vigneti. La storia d’amore della famiglia Fioretti per la propria terra ha radici lontane: Domus Hortae è il nome storico della residenza della famiglia Fioretti, che coltiva la vigna con particolare cura e dedizione sin dal 1788. Dopo oltre due secoli dediti alla coltivazione della vite, Domus Hortae ha iniziato, circa 10 anni fa, a produrre vini dalle proprie uve e finalmente, da circa 2 anni, ad imbottigliarli in proprio, con una capacità produttiva annuale che si attesta tra le 20 e le 25.000 bottiglie . Tratto distintivo aziendale? Grande amore per la propria terra; estrema attenzione ed impegno nella cura dei vigneti e nel processo di lavorazione dell’uva in cantina; massima valorizzazione del proprio territorio e delle tradizioni vitivinicole locali. L’azienda si trova nella parte più a nord del Tavoliere delle Puglie, in provincia di Foggia, in una zona di produzione vinicola antichissima e dalle caratteristiche precise: clima mediterraneo influenzato dal mare, d’estate caldo e siccitoso e d’inverno anche molto freddo; dai terreni eterogenei e, nel caso di Domus Hortae, calcarei, alcalini, ben drenati, con presenza di rocce sedimentarie che donano ottima mineralità. L’azienda produce vini monovitgno, utilizzando le classiche e storiche uve della zona: Il Nero di Troia in primis, il Primitivo ed il Fiano Minutolo, ottenendo mirabili prodotti (https://www.domushortae.com/inostrivini).
Ho potuto degustare una buona selezione dei vini prodotti ed ho, in particolare, molto apprezzato il Fiano Minutolo “Ti Esti’” 2017 ed il Nero di Troia Rosato “Kia Kos” 2017, entrambi eccellenti; ma mi ha davvero entusiasmato il Nero di Troia “1788” 2017 (premiato in guida e di cui Luca Maroni ha guidato una interessante degustazione), un vino complesso, dai netti ed intensi sentori di mora, liquirizia, fiori rossi, rabarbaro, menta e cacao amaro. Al palato è coerente, dal frutto integro di corpo e vellutato, con una freschezza che sorprende ed un finale molto lungo: un vino da non dimenticare!
Jasci & Marchesani – https://www.jasciemarchesani.it/
Ho incontrato Nicola Jasci, attualmente alla guida di questa importante e nota realtà abbruzzese, che ai Migliori Vini, assieme a sua moglie Federica mi ha dato l’opportunità di conoscere meglio l’azienda ed i suoi ottimi prodotti. Fondata nel 1960, Jasci & Marchesani ha una storia passata affascinante e ricca di passione connessa, in via indissolubile, con il territorio Vastese, terra ricca e fertile, eccezionalmente vocata per la viticoltura. La famiglia Jasci & Marchesani, di generazione in generazione, ha sempre valorizzato questo territorio attraverso la produzione di vini dalla forte ed espressiva personalità, che rispecchiano il carattere della famiglia stessa e l’antica ed eccellente tradizione vinicola abruzzese. L’attenzione per l’ambiente, l’ecologia e la sostenibilità sono uno degli elementi fondanti dell’attività vitivinicola di Jasci & Marchesani. Caratteristica tra le principali dell’azienda e vanto della stessa, è la certificazione di agricoltura biologica. In particolare, tutti i 33 ettari di vigneti specializzati sono coltivati strettamente in regime di agricoltura biologica, un sistema di gestione agronomica certificato fin dagli anni Ottanta, da ben 41 anni. Anche in cantina si adottano i protocolli stabiliti per la certificazione dei prodotti bio.
Nicola ha poi sottolineato che l’azienda si sta sempre più indirizzando verso un futuro di ecosostenibilità, mediante il progetto, già in gran parte realizzato, dell’uso di materiali a basso impatto ambientale (come le bottiglie sempre più leggere e le etichette e tutte le componenti accessorie biodegradabili) e l’utilizzo, già concretizzato, di energie al 100% rinnovabili. La capacità produttiva è importante e si attesta attorno alle 400.000 bottiglie annue. I vitigni coltivati sono molti, dai più tradizionali Montepulciano (che vanta giustamente un posto d’onore nella produzione) e Trebbiano d’Abruzzo, ai meno consueti Vermentino e Chardonnay, agli inaspettati Pinot Grigio, Traminer e Riesling, ognuno attentamente collocato nel terreno e nella posizione più adatta a valorizzarlo (https://www.jasciemarchesani.it/i-vini/). Ho avuto il privilegio di assaggiare parecchi prodotti dell’azienda, che tutti hanno risposto ad alti criteri di qualità, ma sono stata ovviamente colpita dal Montepulciano d’Abruzzo Doc Janù 2015, un vino pluripremiato da tutte le guide più o meno note e che, per il 6° anno consecutivo, ha ottenuto primo posto, quale miglior vino rosso in assoluto, nell’annuario dei Migliori Vini Italiani 2019. Un vino monumentale che sprigiona intense e meravigliose note di cioccolato, caffè, caramello, ciliegia sotto spirito, lamponi e tabacco. In bocca è sontuoso, vellutato, cremoso, coerente, sapido, dala tannino fine, con un finale infinito e davvero elegante. Un fuoriclasse che ti lascia il ricordo di sentori emozionanti.
La Fortezza – http://www.lafortezzasrl.it/it/
La Fortezza è una bellissima realtà che ha sede in un territorio d’elezione: si trova a Torrecuso, sul versante est del Parco Regionale del Taburno-Camposauro, in un territorio incantato, fatto di vigneti, boschi e piccole radure e sovrastato dalla magnificenza del Monte Taburno. Ai Migliori Vini ho apprezzato la cortesia di Antonella Porto che, in rappresentanza dell’azienda, mi ha permesso di apprezzarne storia, filisofia e stile produttivo.
La Fortezza è stata creata da Enzo Rillo nel 2008, un imprenditore di successo nel settore delle costruzioni e della sicurezza stradale, attivo anche nel tessile e nel terziario, che, per passione, amore per il territorio ed origini, ha creato questa bella azienda. Nato e cresciuto a Torrecuso, figlio di contadini e da sempre innamorato di questa terra, in cui ha sempre vissuto, ha realizzato il proprio sogno. La sede si trova in una vasta conca soleggiata, protesa verso la valle del fiume Calore, nel cuore del Sannio beneventano, gran vigneto della Campania. La superficie vitata è di circa 60 ettari e la capacità produttiva si attesta sulle circa 800.000 bottiglie annue. Uno dei vanti dell’azienda è la cantina, che realizza un perfetto connubio tra tradizione e moderna tecnologia, interamente rivestita in pietra e ben integrata nel paesaggio circostante. La produzione è varia, ma tutta realizzata con uve 100% autoctone: le migliori uve di aglianico, falanghina, fiano e greco, vinificate in modi differenti per valorizzarne al massimo le caratteristiche specifiche. Le degustazioni effettuate mi hanno fatto ben percepire lo stile produttivo dell’azienda: mineralità e freschezza sono caratteristiche riscontrabili in tutti i vini, così come i sentori di erbe aromatiche mediterranee. Ho davvero apprezzato tutti i vini presenti, ma sono rimasta particolarmente colpita dall’Aglianico del Taburno Riserva Enzo Rillo 2011, un vino elegante e molto longevo, di cui ho ancora in memoria vivide senzazioni di spezie evolute immerse in una coppa di ciliegia e frutti di bosco maturi! Devo anche menzionare tre prodotti sorprendenti: “L’Oro del Marchese”, una Falaghina Spumante Extra Dry, prodotta con metodo charmat, molto particolare, gradevole e versatile; “Maleventum”, una Falanghina spumante Brut, sempre metodo charmat, più complesso ed impegnativo; un particolarissimo Aglianico Frizzante, dal bel colore tra il rosso ed il rosato, che esprime intensi sentori vinosi, soprattutto di mirtillo fresco, e che regala un palato fresco e morbido corredato da un lieve tannino. http://www.lafortezzasrl.it/it/catalogo-vini-la-fortezzasrl-torrecuso-rillo.html
Cantina Riccio – https://www.cantinariccio.it/
Rimaniamo in Campania, ma ci trasferiamo in Irpinia per scoprire la Cantina Riccio. Al banco d’assaggio sono stata accolta da Luigi De Marco e sua moglie che, assieme al padre Giuseppe De Marco, conduce con tenacia l’azienda di famiglia. Erede di vigneti preesistenti appartenuti al nonno Peppino ed amante da sempre della sua terra, Giuseppe decise di riprendere in chiave moderna l’attività del nonno, creando la Cantina Riccio nel 2010.
L’azienda sorge a Chiusano di San Domenico, a poco meno di 700 metri di altezza, nel cuore del territorio collinare irpino ed è immersa in una vegetazione e in un paesaggio straordinari. La coltura della vite è qui infatti favorita dalla presenza di scoscesi pendii, dall’abbondanza di corsi d’acqua e da una ventilazione particolarmente favorevole, che consentono una produzione di vini d’eccellenza. All’opera attenta e puntuale del padre si è affiancato l’apporto di Luigi ed assieme hanno introdotto in azienda l’uso delle più avanzate tecniche di coltivazione e produzione viticole, per ottenere prodotti di sempre più elevata qualità. La tenuta si sviluppa per circa 10 ettari situati coltivati con i classici vitigni del territorio, sia a bacca bianca che rossa: fiano d’Avellino, greco di tufo, falanghina e aglianico, per una produzione di circa 40-45.000 di bottiglie annue. In vigna ed in cantina le operazioni vengono svolte, con grande attenzione, nel massimo rispetto dei frutti, affinchè possano esprimere al massimo le proprie potenzialità. Tra i vini degustati voglio segnalare il Greco di Tufo, che ho potuto apprezzare sia nella versione 2016 che 2017, entrambe caratterizzate dalla tipica gradevole mineralità che è una grande dote del vitigno, in queste versioni meno scura e priva di quella nota fumè maggiormente presente in terreni prettamente vulcanici; tra le due versioni ho notato, oltre all’ovvia maggiore maturità della 2016, una differenza di frutto (più maturo e di frutta anche tropicale nella 2016, più virato su note di mela, pesca ed agrumi nella 2017, corredata anche di maggiori note di erbe aromatiche); notevole in entrambi i vini la chiusura sapida. Altro prodotto degno di nota è il Taurasi “Appia Antica” 2014, complesso, ampio, opulento, balsamico, longevo: regala sentori di varie spezie terziarie ed un frutto particolarmente netto ed integro ed è dotato di un’ottima mineralità; ha un finale lunghissimo: un vino da grandi occasioni.
Pierpaolo Pecorari – http://www.pierpaolopecorari.it/
Ho potuto farmi raccontare questa bella realtà isontina da Pierpaolo Pecorari in persona. La famiglia Pecorari si occupa di vino e di viticoltura a San Lorenzo Isontino, nel cuore della Doc Isonzo, in provincia di Gorizia, da tempi immemori. In origine accanto alla vigna avevano ampio spazio le colture cerealicole ed i seminativi. Il vino, prodotto già da allora di buona qualità, era venduto sfuso, in damigiana.
Fu solo a partire dalla metà degli anni Settanta, dall’annata 1974, che Pierpaolo prese la decisione di rendere completamente viticola l’azienda e di produrre vino imbottigliato. Le uve sono esclusivamente provenienti da vigneti di proprietà: 31 ettari coltivati con cura nel rispetto per l’ambiente, con basse concimazioni e nessun uso di pesticidi, dall’alta densità d’impianto e dalle basse rese, favorite da vigne di età tra i 15 ed i 50 anni. La produzione arriva annualmente a circa 260.000 bottiglie. I vigneti si trovano sulla sponda sinistra del fiume Isonzo, tra la provincia di Gorizia ad est, ad ovest Cormons ed a sud Gradisca d’Isonzo. Sono terreni ricchi di ciottoli e sassi, di arenarie e di sali nitrosi che rendono i suoli naturalmente asciutti e secchi: la vite è obbligata a spingersi in profondità per ottenere nutrimento e far raggiungere una perfetta maturazione ai grappoli. La pianta soffre, ma può vantare un’esposizione e una ventilazione senza eguali. L’azienda produce per l’80% vini bianchi (da uve Chardonnay, Sauvignon, Pinot grigio, Pinot bianco, Tocai friulano, Malvasia) e per il 20% vini rossi (unicamente le varietà Refosco del peduncolo rosso e Merlot). I vini degustati all’evento erano davvero tutti ben fatti e di ottima qualità e ben rappresentano le caratteristiche peculiari del territorio isontino: finezza ed eleganza minerale. Vorrei segnalare il Sauvignon Blanc 2017 e il Pinot Grigio Olivers 2016. Il primo vino possiede in modo solo accennato i profumi vegetali tipici del vitigno (foglia di pomodoro e peperone verde), poichè regala note intense di frutta bianca matura con sfumature tropicali ed una punta di erbe aromatiche, ortica. Al palato coerente, rispondente, amio, dotato di ottima freschezza, minerale e sapido nel finale lungo. il Pinot Grigio Olivers 2016 è un vino eccellente, molto premiato; fermenta in botti di rovere con i soli lieviti indigeni, ad una temperatura che rimane sempre costantemente tra i 20 e i 22 °C. Permane sulle fecce fini per 11 mesi e si completa con un affinamento in bottiglia per sette mesi. Il risultato è un vino molto complesso, da abbinamenti impegnativi, ampio, con aromi d’agrumi, frutta gialla matura, sfumature tropicali, note di erbe della macchia mediterranea, di morbide spezie e vaniglia. Al palato denota subito grande corpo e struttura, un frutto molto ricco ed un perfetto equilibrio tra grande morbidezza e freschezza, dal finale molto lungo e fine. http://www.pierpaolopecorari.it/vini/
Colline San Biagio – http://www.collinesanbiagio.it/it/
Ai Migliori Vini ho avuto il piacere di incontrare il Notaio Luigi Pocaterra, marito di Maria Pia Ragionieri, l’attuale proprietaria dell’azienda assieme al Gabriele ed alla sorella Claudia; Il Notaio e l’administration manager aziendale, Paolo Vannucci, mi hanno illustrato con grande cortesia la storia e la progetto della cantina.
Colline San Biagio si trova nella frazione Bacchereto del comune di Carmignano (PO), all’interno di una zona che produce vini ecccellenti da tempi immemori: già nel 1716, il Granduca Cosimo de Medici con un proprio decreto e bando ne riconobbe l’indiscussa qualità. L’azienda è una realtà a conduzione familiare appartenuta alla famiglia Ragionieri sin dall’800. Agli inizi del 2000 Maria Pia e suo marito Luigi decisero, però, di rifondare l’azienda, reimpiantando gran parte delle vigne, iniziando anche una produzione di olio extravergine di oliva e decidendo infine di dare vita anche a un agriturismo. L’attuale estensione dei terreni vitati è di 12 ettari, per una produzione annuale che varia tra le 50 e le 60.000 bottiglie annue. I terreni sono di medio impasto, ricchi di formazioni di alberese e sabbia, ad un’altezza ricompresa fra i 200 e i 270 metri sul livello del mare. Si coltivano prevalentemente Sangiovese e minori quantitativi di cabernet sauvignon e merlot. Le uve gestite sia in vigna che in cantina con estrema cura, per rispettare gli alti standard qualitativi imposti dall’azienda: la cura dei vigneti, la raccolta manuale e selezionata delle uve, il tradizionale processo di vinificazione attuato in cantina una moderna ed attrezzata, permettono a Colline San Biagio di produrre vini davvero eccellenti, che hanno ottenuto molteplici riconoscimenti. Tra gli ottimi vini degustati segnalo in primis il Vigna Toia 2017, un vino sorprendente, non impegnativo ma complesso, non particolarmente strutturato ma ricco, molto fine ma senza troppe pretese. Prodotto con una prevalenza di Sangiovese e restanti variabili percentuali di Merlot e Cabernet Sauvignon, fermenta ed affina esclusivamente in acciaio, al fine di preservare tutti i profumi e le caratteristiche primarie delle uve. Impatto elegante già nel naso, dove la ciliegia ed il ribes, molto netti, sono affiancati da un lieve sentore di viola e pepe e da un finale balsamico. Al palato i sentori si riproprongono in toto e, ad un impatto setoso, segue la bella freschezza ed i tannini eleganti. Chiude lungo con una bocca pulita. Altro vino eccellente è il Merlot in purezza “Quattordicisei” , che ho degustato sia nell’annata 2014 che 2015. Vino importante, che affina in barriques di rovere francese per 15-18 mesi e per un anno in bottiglia. Entrambi ottimi, entrambi corredati da sentori di piccoli frutti neri di bosco e da note evolute di tabacco, vaniglia e cacao; al palato vellutati, di corpo, appaganti e molto lunghi. Ho preferito per gusto personale il 2014, meno imponente e meno pronto del 2015 (figlio di un’annata calda e siccitosa, più intenso, corpulento e morbido), per la marcata freschezza e finezza, che fanno prevedere un’ottima predisposizione all’affinamento.
Horus – http://cantinahorus.com/
Al banco d’assaggio ho incontrato Marco Diorio, Export Manager dell’azienda, che mi ha raccontato con trasporto questa piccola realtà siciliana molto interessante. La storia della cantina Horus risale al 1974 ad opera della famiglia Giudice. Oggi viene condotta da Rosario Giudice, che nel 2010 ha rivoluzionato l’azienda ed ha deciso di puntare tutto sulla valorizzazione delle varietà autoctone più antiche del territorio, per produrre dei vini capaci di esprimere la profonda cultura contadina ed il legame indissolubile con il territorio.
Horus si trova nel territorio ibleo, tra Acate e Vittoria (RG), zona caratterizzata da un clima caldo e mediterraneo, mitigata dalla brezza marina, in cui si estendono circa un centinaio di ettari di terreno, di cui 28 vitati ed i restanti a mandorleti e uliveti. In tale contesto così vocato, nel pieno rispetto dell’ambiente e del paesaggio ed attraverso una viticoltura sostenibile, vengono valorizzate le varietà autoctone e tradizionali: Nero D’Avola, Frappato, Grillo, Insolia e Moscato, per ottenere una piccola produzione di elevatissima qualità, per una produzione complessiva di circa 25.000 bottiglie annue. Ho degustato prodotti davvero apprezzabili, e ne segnalo due che mi hanno particolarmente colpita. Primo su tutti il Cerasuolo di Vittoria Frappato DOC “Di Sicilia…Sole e Terra” 2017, che mi ha colpita per la pulizia, delicatezza ed eleganza: naso fine ed intenso, in cui fragola e fragoline di bosco fresche risultano evidenti; segue una nota di pepe bianco ed una nota iodata netta e gradevolissima. Ha un palato rispondente, molto fresco e croccante, che si chiude sapido, iodato e lungo. Davvero piacevole. Il secondo vino è il Cerasuolo di Vittoria “Il Pittore Contadino” DOCG 2015, un vino più complesso e profondo, che presenta al naso un frutto più scuro e maturo (mora e marasca), fiori rossi, cacao amaro e, immancabile, la nota iodata. Al palato è pieno, caldo e morbido, dalla buona spalla acida e dal tannino non invadente. Chiude intenso, persistente, sapido e lungo.
Vorrei chiudere citando le altre aziende degne di nota di cui ho molto apprezzato i vini in degustazione:
Ruinello – http://ruinello.it/index.php/it/
Castello di Luzzano – http://www.castelloluzzano.it/
Feudi Spada – http://www.feudispada.it/
Cantine Leonardo da Vinci – http://www.cantineleonardo.it/
Antica Hirpinia – http://www.anticahirpinia.it/
Nativ – https://www.vininativ.it/it/
Montecappone – http://www.montecapponevini.it/
Masseria Frattasi – https://www.masseriafrattasi.it/it/
Tenuta Ulisse – http://www.tenutaulisse.it/