Di Edoardo Fradeani
Da Sviluppo Horeca il Merlot è a confronto
Nel mondo vino ci sono una miriade di eventi, vere e proprie “feste” del calice. A volte possono essere degustazioni spensierate, altre volte più intense, con una necessità alla massima concentrazione.
LA DEGUSTAZIONE DI MERLOT ALLA CIECA PRESSO SVILUPPO HORECA
In qualche maniera, soltanto poche rimangono davvero indimenticabili e l’evento svoltosi ad ottobre, presso la sede di Sviluppo Horeca a Roma, in collaborazione con l’azienda veneta Mosole, rimane uno di quelli che difficilmente possiamo dimenticare nel ripostiglio dei ricordi. Non tanto per quello che si è bevuto, ma per l’approccio sia didattico che colloquiale, chiave centrale di questo pomeriggio all’insegna del Merlot alla cieca.
Sviluppo Horeca nasce nel 1982 con una missione ben precisa. Ovvero quella di fare una continua ricerca nel mondo del food & beverage di altissima qualità, sia dal punto di vista produttivo della materia prima in quanto tale che dal suo lato puramente emozionale. Il tutto viene sempre rivolto ad un pubblico di appassionati, sommelier, addetti al settore e naturalmente ai gestori Ho.re.ca. Dinamismo, freschezza e divertimento sono i fondamentali di queste degustazioni all’interno di Sviluppo Horeca. Un fantastico centro oserei dire culturale e non soltanto di business.
LUCIO MOSOLE
In questo caso, tra i cinque vini degustati a guidare questo viaggio c’era Lucio Mosole, il quale ha voluto mettere alla prova il suo Merlot “Ad Nonam” di fronte ad altri quattro pilastri di questo vitigno, senza aver avuto paura di far gareggiare i nostri cugini francesi. Assieme a questo fantastico produttore, c’era anche il suo fidato enologo Gianni Menotti. Qui siamo nella Doc Venezia e questo vino crea un legame stretto con il territorio, orchestrato da un naso ampio e diverso dal copione che il vitigno interpreta da sempre, con una balsamicità che si interseca con un finale fatto di bacche di mirto. Quello che più colpisce è il suo tannino, presente netto e non sottotono. Lucio Mosole è dentro quella bottiglia con il suo carattere diverso e con una visione spontanea e diretta.
GLI ALTRI VINI IN BLIND
MONTIANO – FAMIGLIA COTARELLA
Montiano, realtà e certezza laziale del Merlot che ha fatto da starter a molti di noi che hanno scelto di entrare nell’universo del vino. Non a caso parliamo di Cotarella e non del primo improvvisatore di vinificazione.
BAFFONERO – ROCCA A FRASINIELLO
Chi li porta sotto al naso di solito ne fa un vanto e Baffonero di Rocca a Frasiniello lo è per la Toscana dei grandi Merlot. Qui si parla di qualità estrema e di un’azienda che si fregia del fatto di essere stata partorita da una collaborazione tra la storica Castellare di Castellina e l’imperiale Domaines Baron de Rothschild-Lafite. Senza tralasciare, neanche per un attimo, che la cantina in questione è stata progettata dal grande Renzo Piano.
POMEROL AOC – CHÂTEAU LATOUR À POMEROL
In batteria c’era anche Chateau Latour à Pomerol. Merlot di alto rango francese che prende il nome dalla torre che adorna questo affascinante castello, acquistato da Madame Loubat, che all’epoca possedeva anche Château Petrus nel 1917. Un vino che si presenta con una stretta di mano potente ma raffinata e mai pacchiana.
POMEROL AOC – CHÂTEAU LA FLEUR PETRUS
Per chiudere, sempre in Francia, nella terra dei grandi Merlot, c’era mister Chateau La Fleur Petrus. Un vino che non gioca mai la partita in purezza ma quasi, attraverso il suo storico blend di Merlot 90%, Cabernet Franc 7%, Petit Verdot 3%. Indubbiamente è il più famoso tra questi e, senza dubbio, il più elegante di tutta la degustazione.
Lo stile di Mosole è stato eccezionale nel guidarci dentro questa esperienza, senza mai cadere nel banale ma, soprattutto, dando un senso al gioco della cieca. La riuscita di questa mission era la comprensione dei territori con l’immancabile differenza stilistica. Indovinare per capire, dichiarare la giusta sequenza per apprendere davvero il racconto di un vitigno.
MA QUAL’È LA VERITÀ PER UN SOMMELIER?
Parliamoci chiaro, per un sommelier o appassionato di vino, azzeccare cosa si sta degustando alla cieca è un grande risultato, senza troppi se o troppi ma. Quando sei seduto ad un tavolo il fine è scoprire il nascosto. Mi è capitato tante volte di riuscirci, addirittura di indovinare l’anno e l’etichetta, ma mi è capitato anche di tornare a casa con la coda tra le gambe. Ma come si fa? Molta gente che non ha a che fare con questo mondo rimane incredula, alcuni la chiamano fortuna. Ogni sommelier ha il suo modus operandi e tutto quello che posso raccontarvi è il mio. Sappiamo che il vino è fatto di tempo e quindi di minuti, ore, giorni e anni, scanditi da un susseguirsi di eventi che a loro volta ne compongono una storia. Potrebbe essere l’annata con il suo andamento climatico, potrebbe semplicemente essere quel territorio che urla al tuo palato quel carattere inconfondibile. Oppure sei tu. Il bello è che anche noi come lui, siamo fatti di storie, di racconti, di momenti che rimangono impressi nel nostro naso e nella nostra memoria, Si chiama evocazione ovvero la percezione del presente di qualcosa che arriva dal passato. Avviene in quel preciso istante che ispiriamo dentro al calice, ma per farlo si entra in un’altra dimensione. Mettiamoci in sottofondo una colonna sonora per rendere il tutto più suggestivo. Come Cornfield Chase di Hans Zimmer dal film Interstellar; anche perché se si parla di viaggi nel tempo, questa pellicola è perfetta. Non esitare a metterla prima di continuare la lettura, hai Spotify proprio lì nel tuo telefonino, metti play.
IL RITO
Il rito è sempre lo stesso, agitiamo il calice e annusiamo, una, due, tre volte. Improvvisamente le persone attorno a noi sembrano parlare più piano, l’atmosfera si fa più pesante e gli occhi si chiudono. Qui comincia il nostro viaggio attraverso la memoria, immergendoci completamente nei nostri ricordi. Quel barbecue ad aprile; quella volta in cui un Pinot Nero ha macchiato la nostra camicia preferita; oppure quando abbiamo litigato con chi ci amava, dove avremmo voluto chiedere scusa ma non l’abbiamo mai fatto.
L’ELABORAZIONE
Cominciamo ad elaborare una serie di dati come se fossero dei fotogrammi veloci, instabili, ma così chiari che riusciamo a percepire anche l’odore della stanza in cui ci trovavamo.
Un bicchiere prima di andare via, le cicale d’estate al tramonto mentre bevevo un Brunello; o quel vino di quando ci guardavamo in quell’enoteca di cui non ricordo il nome, ma che mi ha fatto perfettamente capire che la vita non dura mai una sera. La grafite di un Pergole Torte, ma anche quella di un Terre di Lavoro, menta e cioccolato di un Merlot, quel fondo che ho odorato prima di mettere il calice nel lavandino.
Quella verticale di Valentini o quella lezione sul Sassicaia, dove il terzo neon a destra della sala era rotto e non illuminava più. Una sera di luglio tra diversi Chateau assieme un’amica enotecaria, con la quale ti sei raccontato gioie e dolori.
Instanti, attimi di vita vissuta che rivedi con i sentori, attraverso quello che abbiamo perso o che abbiamo lasciato andar via dalla nostra vita per poi, in un giorno qualunque, ritrovarlo in un amore grandissimo, incredibile: il vino.
LA SOLUZIONE
Poi, all’improvviso, ecco quell’istante dove ritorni a quel tavolo assieme alle voci e il chiasso di prima. E’ proprio lì che diciamo: “Sei tu”. Non è per dimostrare, non è per vanto e neanche per la gloria.
Indoviniamo solo quando il vino ci parla e noi riusciamo ad ascoltarlo, ma per farlo bisogna essere sempre umili: solo lì lui verrà da noi e non guarderà il saccente.
Siate sempre attenti quando lo berrete con l’etichetta scoperta: ricordatevi sempre che cosa avrete attorno, cosa starete facendo ma, soprattutto, con chi lo berrete.
Registrate ogni sensazione, ogni suono e il vostro naso sarà la vostra macchina del tempo; e tutto questo, cari “enonauti”, vi farà sognare, perché ci sarà tanto da contemplare.
A volte si vince, molte altre si perde, ma alla fine, quando lo avrete capito, sarà una gioia infinita, semplicemente per il fatto che questo dannato nettare è vivo, respira e ci racconta la nostra vita.
TORNANDO AL MERLOT…
Ma tornando ai Merlot, forse vi starete chiedendo se ho indovinato la sequenza alla cieca. Tutto quello che posso dirvi è che al mio ritorno in macchina avevo un sorriso talmente grande che tagliava Roma in due e quindi, per quanto riguarda voi, buone degustazioni, anzi…buon viaggio.