Articolo di saula Giusto
Ieri sera ho fatto un’eccezione al mio proposito di bere unicamente italiano, almeno di questi tempi. Ho stappato un Gamay in purezza francese, del Beaujolais: il Brouilly (Appelation Brouilly Contrôlée) 2017, Domaine Jean Paul Dubost. Jean Paul è diventato un amico, è un grande amante dei vini italiani, tanto da frequentare costantemente le nostre zone vitivinicole e le nostre fiere, Vinitaly compreso, e un produttore di grande coscienza e serietà. Non ho ricevuto sue notizie confortanti e, pertanto, ho voluto assaggiare e parlare anche della sua azienda, per offrirgli un piccolo incoraggiamento.
Domaine Dubost è un’azienda familiare della zona del Beaujolais, giunta alla sua quarta generazione: dalla metà degli anni ‘90 è infatti giunta nelle mani di Jean Paul Dubost, oggi attuale proprietario.
Grande appassionato di vino, Jean Paul pensa che il lavoro di un produttore sia un’opera di amore e creazione, a cui si dedica tutta la propria vita. Gli ettari vitati sono 22, di cui 9 ricadono nell’Appellation Beaujolais Village ed il resto è diviso tra le Appellatiòns Brouilly, Moulin à Vent, Morgon, Fleurie e, per una piccolissima parte, Regnié. Da 2005 in poi tutta la produzione è stata diventata biodinamica e tutti i vini vengono prodotti con fermentazioni da lieviti spontanei e naturali. In vigna è’ stato anche eliminato l’utilizzo di zolfo o di altri trattamenti chimici. Jean Paul sta attualmente coinvolgendo i suoi due figli, Jeoffrey e Corentin, nella gestione dell’azienda di famiglia e nella produzione di vino naturale, per lasciare loro, in futuro, il proprio testimone.
Venendo al nostro Brouilly ‘17 Le vigne, di 80 anni, vengono coltivate su terreni argillosi, calcarei e granitici. Le uve, 100% Gamay, vengono raccolte a mano a perfetta maturazione.
Vinificazione: Vendemmia tardiva con piccoli acini troppo maturi, macerazione carbonica per 10-12 giorni, primo travaso 1 mese dopo la fermentazione malolattica, maturazione in vasche di acciaio inox e cemento, filtraggio.
Questo vino va stappato almeno 3 ore prima, per esprimersi al meglio.
Colore rosso rubino scuro, impenetrabile; unghia porpora. Al naso è un po’ ritroso, ha un corredo cupo, scuro, che si svela con lentezza; piano piano emerge la viola e il ciclamino quasi appassiti, a cui segue amarena, mirtillo e mora maturi, cacao amaro in polvere, una lieve nota smaltata elegante ed un soffio balsamico. Al palato è ancora tagliente, grazie a tannini setosi ma ancora non addomesticati e ad una notevole freschezza; decisamente caldo e di gran corpo, propone un sapore netto di frutta ancora integra, soprattutto di mora, che rimane a lungo in una bocca molto pulita.
L’abbinamento è stato un esperimento dettato dal desiderio di aprire proprio quella bottiglia, mai assaggiata prima, e di abbinarla a quello che avevo in casa ma, devo dirlo, che NON è proprio riuscito! L’ho abbinato, malamente, con quello che avevo cucinato ieri a cena: con un pollo (sfizioso ma non impegnativo) croccante al forno, impanato con corn flakes, paprika dolce e un pizzico di parmigiano (precedentemente marinato in latte, sale e spezie) e contorno di radicchio lungo, gorgonzola piccante, noci e un pizzico di miele.
Ci tengo a dire che pollo e radicchio erano proprio buoni, visto che sono stati polverizzati dalla mia famiglia, ma il Brouilly era decisamente troppo strutturato, tannico, invadente e sovrastava completamente i due piatti, assumendo, inoltre, un sapore troppo amarognolo. Ho, inoltre e purtroppo, constatato di aver stappato un vino ancora un po’ troppo giovane, a cui avrebbe giovato sicuramente un’ulteriore sosta in cantina (magari proprio nella mia!) di almeno altri due anni, fino anche a 10-15 ulteriori!
Ho voluto confessare questi miei sbagli perché penso, con grande convinzione, che proprio negli errori, specie se empirici, alberghi la conoscenza e la possibilità di migliorare, quindi ritenterò! Cheers!