Articolo di Saula Giusto
La Festa della Liberazione è un giorno fondamentale per la nostra storia, perché simboleggia la fine della vittoriosa lotta delle forze partigiane contro il regime fascista e l’occupazione nazista. In questo momento, per come la vedo io, assume un’importanza ancora maggiore, visto che si spera possa portarci alla liberazione da questa pandemia, alla liberazione dall’egoismo che impera ovunque, allo scempio che abbiamo operato nell’ecosistema del mondo, ecc., ecc. Si spera…e io sono un’ottimista per scelta di vita, più che per natura.
Mi è sembrato un giorno più che perfetto per festeggiare alla grande, con un vino che ho sempre amato, che sfida il tempo e le mode; una delle migliori espressioni italiane, a mio modestissimo parere, di un vitigno nobile tra i nobili e re tra i re: sua maestà il Pinot Nero.
Sto parlando del Barthenau Vigna S. Urbano, di cui ho stappato il millesimo 2002; un vino che quasi non avrebbe bisogno di presentazioni, data la sua fama e i riconoscimenti ottenuti fin dal primo anno di produzione!
Hofstätter identifica la produzione dell’Alto Adige nella sua espressione più alta ed ‘aristocratica’: una cantina storica, fondata a Termeno nel 1907 da Joseph Hofstätter e oggi guidata dalla quarta generazione della famiglia, Martin Foradori.
Tutte le generazioni degli Hofstätter hanno avuto sempre un preciso intento nella loro produzione: coniugare il rispetto per la vigna e per la tradizione con la capacità di innovare costantemente, nel segno della ricerca della qualità.
La proprietà è composta da circa cinquanta ettari vitati, su cui vengono coltivate tutte le varietà tradizionali e autoctone dell’Alto Adige: Gewürztraminer, Pinot bianco, Schiava, Pinot nero e Lagrein.
Gli Hofstätter sono stati i primi a introdurre in Alto Adige il termine di “vigna”, al fine di valorizzare proprio ogni singola vigna e specifico raccolto, vinificando separatamente le uve delle parcelle più pregiate, esaltandone così le peculiarità per valorizzare i singoli crus. Solo la denominazione “Vigna”, infatti, garantisce in Alto Adige la provenienza di un vino da uno specifico vigneto.
Non molto tempo fa Martin Foradori ha dato nuova testimonianza della volontà dell’azienda di innovare, con la creazione di una cantina iper-moderna, caratterizzata dalla futuristica “torre del vino” e dotata di botti in cemento a basso impatto energetico.
Per ulteriori info: https://www.hofstatter.com/
Tutta la filosofia produttiva degli Hofstatter si palesa con forza in questo magnifico Pinot Nero Barthenau Vigna S. Urbano 2002.
Il Barthenau Vigna S. Urbano è espressione di un Cru prestigioso, collocato nel cuore dell’area vocata della tenuta Barthenau in Mazon, dove una parte delle viti hanno oltre 65 anni di età ed il terreno risulta essere un conglomerato di argilla, calce, porfido e ghiaia fine.
Uve 100% Pinot Nero. Vinificazione: dopo un accurato raccolto l’uva arriva in cantina in piccole casse per mantenerne l’integrità degli acini. il 75% dell’uva viene diraspata, un altro 25% rimane intatto per la fermentazione in botte. Una giornata di macerazione a freddo é sufficiente ad affinarne il bouquet. Segue la fermentazione per circa 10 giorni con le bucce, in continuo contatto con il mosto. Maturazione in legno, che comprende due distinte fasi: la prima, per circa 12 mesi, in piccole botti di rovere francese e la seconda consistente in un assemblaggio delle diverse botti in un’unica grande botte di rovere, per altri circa 8 mesi. Dopo l’imbottigliamento, il vino matura ulteriormente in bottiglia per otto mesi nelle cantine della tenuta Barthenau.
Note di degustazione:
Stappato 4 ore prima. Rosso granato scuro, abbastanza trasparente, unghia granato. Naso di gran classe, aristocratico: non esplode, ma s’impone con grazia e profonda complessità, grazie al floreale maturo, ma ancora presente ed integro (soprattutto viola e rosa rossa quasi appassite), fuso con mirtillo e amarena sotto spirito, un accenno di scorza d’arancia candita, granatina, cola; poi tabacco scuro, cuoio, hummus, leggera radice di liquirizia e molto altro appena accennato, tanto che non riesco a codificarlo, ma che arricchisce a dovere tutto il ricchissimo quadro olfattivo. Al palato conferma la sua indole nobile e avanza elegante, estremamente rispondente, appagandomi grazie ad un bel corpo, giusta alcolicità e vellutati tannini, ottimamente sostenuti da una freschezza ancora molto vivace e da una mineralità marcata. Termina la sua ‘passeggiata’ elegante nel mio palato con un finale lunghissimo, un raffinato sentore di scorza d’arancia e una salivazione marcata che mi fa pericolosamente venire voglia di berne ancora e ancora! Che dire: un nobile Pinot che non dimostra i suoi anni, ancora agile e scattante, tonico, pronto, ma con ancora tanto da dire. Lo consiglierei anche per una bella contemplazione meditativa, oltre che in abbinamento ad un piatto di pari complessità ed aromaticità. Io lo userei perfino come profumo!!
L’ho abbinato ad un petto di pollo ripieno di speck e provolone piccante, avvolto in altro speck, arrostito prima in padella, sfumato con 1/3 dello stesso vino, finito di cuocere a fuoco lento con rosmarino, qualche bacca di ginepro, pepe e sale q.b.
Devo dire che, a paragone di cotanta ‘complessità enoica’, il povero petto di pollo, per quanto saporito e gustoso, un po’ ha patito il confronto ma, comunque, la cena è risultata molto gradevole e in famiglia sono stata promossa: voto quasi 7+!!