Articolo di Saula Giusto
Sempre rigorosamente mangiando e stappando a casa, altra cena e altro vino: ‘frittatona’ per cinque con wustel servelade alto atesini e provola dolce, spring rolls di pasta fillo alle verdure al forno e un fantastico Kerner della Valle Isarco 2009 di Manni Nössing.
Devo ringraziare Jan d’Agata e la mia esperienza lavorativa alla International Wine Academy di circa 14 anni fa se ho conosciuto i vini di Nössing, considerato, da molti, il re del Kerner.
Per gli spero pochi che non lo conoscessero, il Kerner è un vitigno aromatico a bacca bianca (che mi piace tanto), coltivato in Italia solo in Alto Adige, “creato” in Germania nel 1929 da August Herold, botanico esperto di ampelografia, che incrociò la schiava grossa (vitigno a bacca rossa molto diffuso in Alto Adige e in Trentino), con il famoso e nobile riesling renano. Il nome è una “dedica” al medico e poeta tedesco Justinus Kerner, amante della bella vita e del buon bere. Ha una fase di maturazione tardiva e resiste molto bene alle basse temperature, fino a -10°C, dimostrando un’indole perfetta per esprimersi al meglio nella particolare situazione pedoclimatica della Valle Isarco, poiché qui, diversamente che in altre zone, acquisisce durezza e spigolosità, ma anche intensa mineralità e finezza, grazie al terroir particolare ed alle estreme escursioni termiche, stagionali ma anche giornaliere.

Manfred Nössing è una delle figure più prominenti della viticoltura dell’Alto Adige e, in particolare, proprio della produzione della Valle Isarco.
Cresciuto in una famiglia di agricoltori e allevatori, proprietaria del suggestivo maso Hoandlhof, nella conca di Bressanone, Manfred, amichevolmente chiamato Manni, nel 1999 ha smesso di conferire le proprie uve alla cantina cooperativa locale iniziando a vinificare in proprio. I suoi 5,5 circa ettari di vigna, che arrivano anche a 600 metri sul livello del mare, in una delle aree più vocate del circondario, poggiano su un suolo sabbioso ricchissimo, di origine glaciale. Passeggiando tra i filari di Nössing è possibile trovare alcune delle più importanti varietà autoctone tradizionali dell’Alto Adige: tra queste, una delle più interessanti è proprio il Kerner, all’interno del piccolo vigneto Pluner e Mitsch, esposto a Sud-Est e coltivato con basse rese per ettaro. Con queste uve straordinarie Manni ha disegnato un vino profondissimo, capace di attrarre l’attenzione internazionale fin dai primi anni della sua produzione e conquistare prestigiosi riconoscimenti da parte di alcune tra le più importanti guide di settore.
Oggi l’Azienda rimane una piccola realtà di grande qualità, che produce circa 25.000 bottiglie, soprattutto di vini bianchi, suddivisi tra kerner, gewürztraminer, sylvaner, müller thurgau e grüner veltliner, ai quali si aggiunge il rosso Cuvée Espan da uve blauer zweigelt e st. laurent.
Veniamo alle mie note di degustazione:
!00% uve kerner. Vinifica in acciaio a temperatura controllata e sosta sulle fecce nobili fino a febbraio, prima di essere imbottigliato.
Giallo dorato pieno, ancora brillante, consistente. Naso intenso, raffinato, complesso, che denota nuance evolute solo da un iniziale idrocarburo molto fine, che subito lascia il passo a pompelmo giallo, cedro, mela golden, ancora incredibilmente freschi, seguiti da una nota di biancospino e di lieve mentolato. In bocca è poesia: nato e cresciuto in una zona in cui il vitigno si esprime al massimo, ma spesso virando verso le note più dure e le acidità marcate, anche citriche, qui incede suadente, rispondente, in perfetto equilibrio, grazie ad un gran corpo, ottimo calore, che ben si fondono con la notevole acidità (nonostante non sia un giovincello) e con una meraviglia di mineralita’. Il finale è lunghissimo, mi induce a salivare, mi lascia un netto sapore di cedro e pompelmo ancora croccanti. Valutazione del tutto personale e del tutto poco tecnica? Buono da matti!
Perfetto con la frittata al provolone dolce, würstel servelade e una cucchiaiata di parmigiano reggiano grattugiato, perché regge bene il confronto aromatico e mi contempera e bilancia untuosita’ e grassezza. Matrimonio perfetto anche con gli involtini di pasta fillo alle verdure (ripieni di verza, carote, zucchine e cipolla rossa prima spadellate), cotti al forno con una spennellata di olio evo e, prima del morso, intinti in un filo di soia: anche qui confronto alla pari per aromi e struttura e garanzia di pulizia del palato dall’untuosita’ marcata del piatto.
Cheers!