I miei assaggi…Moscato D’Asti DOCG Santo Stefano di Beppe Marino

Di Saula Giusto

Chi mi conosce sa che ho proprio un debole per il Moscato D’Asti.

L’ho sempre trovato un vino delizioso, profumato, delicato, versatile. Da abbinare a tantissimi dolci non impegnativi, ma anche a qualche formaggio o piatto sapido (ottimo con i frutti di mare in sautè!), gradevolissimo.

Moscato D’Asti DOCG Santo Stefano di Beppe Marino

Quando è fatto bene, però, mi raccomando!

Il nome ne svela la provenienza, l’astigiano in Piemonte, in cui da uve moscato nascono due vini: il Moscato d’Asti e l’Asti, un vino spumante. Spesso confuse tra loro, in realtà si tratta di due tipologie di vino che, al di là del medesimo vitigno e provenienza, sono molto differenti.

L’Asti è infatti un vero e proprio vino spumante, prodotto mediante metodo Charmat (o Martinotti), con minore residuo zuccherino, con qualche grado alcolico in più, dal perlage più accentuato. Differente anche il tappo che chiude i due vini: per l’Asti si utilizza quello a fungo con la gabbietta, per preservare e contenere meglio le bollicine più vivaci, per il Moscato D’Asti si utilizzano i tappi in uso per i vini fermi.

Purtroppo le massiccia produzione dell’Asti spumante degli ultimi trent’anni e la sua fortuna nelle vendite nella grande distribuzione, anche nei mercati esteri (arrivando a un centinaio di bottiglie l’anno tra gli anni Ottanta e Novanta). Tale boom produttivo ha fatto sì che la qualità dei vini ne risentisse, ingenerando nei consumatori l’idea di un ‘vinello’ dolciastro, di scarsa qualità, industrializzato. La confusione nel consumatore tra le due tipologie ha fatto sì che tale idea fosse associata anche al Moscato D’Asti.

Considerazione oltremodo ingiusta dato che, a partire dagli anni 2000, il Moscato d’Asti ha guadagnato una curva di crescita qualitativa, incremento di produzione e fortuna davvero notevoli!

Ci tenevo dunque a fare un pò di chiarezza su questo delizioso vino.

Moscato Bianco

I Moscati costituiscono una famiglia di vitigni antichi, prestigiosi e ancor oggi diffusissimi. Probabilmente il nome deriva dal latino muscum (muschio), a ricordarne il tipico aroma. Come spesso accade anche per altre varietà coltivate oggi, le loro origini sono molto incerte, ma di grande fascino. La maggior parte degli ampelografi ritiene derivino dalle uve Apiane di epoca romana, portate dal Peloponneso nella nostra penisola (secondo Strabone) dalle popolazioni Pelasgiche. Diversi storici e naturalisti latini (Varrone, Catone, Plinio, Columella) le ricordano nelle loro opere, descrivendole minuziosamente; ma, ovviamente, non tutti gli studiosi concordano con questa tesi.

Di certo i Moscati nel Medioevo erano diffusamente coltivati in tutto il bacino del Mediterraneo, quasi sempre con il nome di Moscatelli o simili, come dimostrano i molti scritti dell’epoca: italiani, francesi, spagnoli, ecc. I primi documenti che ne attestano la presenza in Piemonte risalgono al Trecento, epoca in cui venivano confusi e scambiati con numerose altre varietà. Gli ampelografi nel tempo hanno compiuto passi da gigante nella precisa individuazione e catalogazione di queste uve, riuscendo ad individuarne tre gruppi principali: il moscato bianco o di Canelli (di origine greca), il moscato giallo o fior d’arancio (dalla Siria) e il moscato d’Alessandria o zibibbo (dall’Egitto). Quello da cui nasce il Moscato d’Asti DOCG è il primo, il moscato bianco o di Canelli.

La zona di produzione del Moscato d’Asti è compresa nei territori di 52 Comuni delle province di Asti, Cuneo e Alessandria. Viene prodotto quasi esclusivamente da aziende di dimensioni piccole e medie, o da cantine cooperative che trasformano solamente le uve di vigneti di proprietà. Questo vino oggi ha raggiunto standard qualitativi estremamente elevati, grazie anche alla diffusione di moderne pratiche enologiche ed all’uso sapiente del freddo, che hanno consentito di preservare gli aromi varietali e di stabilizzare il prodotto, per la conservazione ed il trasporto.

Oggi ho assaggiato il Moscato D’Asti DOCG Biologico Santo Stefano di Beppe Marino, che non conoscevo; una piacevole sorpresa.

L’azienda, sita tra Langhe e Monferrato, in una delle zone maggiormente vocate per la coltivazione di Moscato, è una realtà familiare condotta da Beppe Marino, il titolare che l’ha creata nel ’72.

Insieme alla moglie Rosalba e al figlio Maurizio, enologo, Beppe coltiva i suoi 13 ettari di vigneti a 400 mt., sulle colline di Santo Stefano Belbo (sede dell’azienda), di Mango d’Alba e di Castelnuovo Calcea. La filosofia produttiva perseguita è di produrre vini seguendo le vecchie tradizioni, ma affidandosi alle più moderne tecnologie per la vinificazione, al fine di garantire ai consumatori la massima qualità dei prodotti.

Casa Marino
Moscato Bianco

Nel 2016 la famiglia Marino, ha deciso di trasferire la sua produzione presso lo storico monastero delle “suore del vino bianco” che per 106 anni, nel loro monastero-cantina di Santo Stefano, hanno prodotto un moscato speciale, richiesto dalle parrocchie di tutta Italia, Vaticano compreso, per officiare il servizio liturgico. Una location molto particolare e suggestiva.

I vitigni coltivati: Barbera, Dolcetto, Freisa, Brachetto, Chardonnay e Moscato d’Asti. I vini prodotti sono i tipici di zona: Moscato d’Asti, Asti Spumante, Barbera d’Asti, Dolcetto, Chardonnay, Freisa, Brachetto. L’azienda presta particolare impegno nella produzione di vini dolci e oltre il Moscato, sono l’unica azienda a produrre il Brachetto D’Acqui BIO.

Ecco le mie note di degustazione.

Uve: Moscato Bianco 100%. Vinificazione: pigiatura soffice, criomacerazione per 24-36 ore, fermentazione in autoclave a temperatura controllata per 7 giorni, con presa di spuma. Blocco della fermentazione con il freddo, microfiltrazione e imbottigliamento sterile e isobarico per il mantenimento della CO2 naturale.

Giallo tra il paglierino ed il dorato, con qualche riflesso verdolino; brillante, dal perlage fine.

Al naso intenso, ma non invadente, molto fine e tipico: subito glicine e tanti fiori d’arancio, poi susina, pesca e melone bianchi, mandarino kumquat, malva, salvia, lieve nota di muschio e zucchero filato.

Al palato è estremamente gradevole e proprio come deve essere: delicato, dalla bollicina accennata e cremosa, dal tenore zuccherino mitigato da ottima freschezza, dalla rispondenza puntuale, che regala un sapore di frutta e fiori, specie di mandarino cinese . Mi sorprende per l’ottima sapidità, che contribuisce a rendere ancora più piacevole la beva e che ti accompagna verso un finale pulito, lungo, che lascia un sapore buonissimo in bocca.

Per quanto riguarda gli abbinamenti da suggerire, datemi retta, con il Moscato D’Asti c’è da sperimentare e divertirsi parecchio!

Si può abbinare più classicamente a dolci al cucchiaio, sorbetti, crostate, torte a base pan di Spagna, sablé dolci, biscotti, i natalizi pandoro e panettone e a tutte i ciambelloni e plumcake che volete! Escluderei solo dolci particolarmente complessi, zuccherini, alcolici o con buona presenza di cioccolata.

Meno scontatamente, servitelo freddissimo (a 4-5 gradi) come aperitivo alternativo e meno alcolico. O giocate con piatti salati: con salumi particolarmente saporiti come salame e salsicce; con prosciutto e melone; con frutti di mare. Perfetto anche con piatti speziati, saporiti, piccanti, come quelli della cucina indiana, asiatica o mediorientale. Provare per credere!